Domenica delle Palme

“Durante la santa Messa Gesù mi ha fatto conoscere la sofferenza della Sua anima ed ho sentito chiaramente come quegli inni, quegli Osanna, si ripercuotevano con un’eco dolorosa sul Suo Sacratissimo Cuore. Anche la mia anima è stata inondata da un mare di amarezza ed ogni Osanna mi trapassava il cuore da parte a parte. Tutta la mia anima venne attratta vicino a Gesù. Sentii la voce di Gesù: ” Figlia Mia, la tua partecipazione alle Mie sofferenze è un refrigerio per Me; la tua anima acquista una bellezza particolare meditando la Mia Passione” (Diario, 1657)

Con la Domenica delle Palme entriamo nella fase finale del tempo quaresimale; al racconto della passione (quest’anno, ciclo B, Marco 14,1-15,47) si affianca il testo dell’ingresso di Gesù nella città santa, Gerusalemme, che nell’evangelista Marco ha un carattere molto particolare, introducendo la sezione dei capitoli 11-13 che narrano l’ultima settimana di vita di Gesù ed il racconto della sua passione e morte (capitoli 14-15). Il testo ha delle forti risonanze antico testamentarie e descrive un’azione simbolica o profetica che si connota per tre aspetti: quello del bisogno, della novità e della promessa. All’apparente trionfo di Gesù nel testo evangelico di Mc 11,1-10 con cui ha inizio la processione della Domenica delle Palme, si contrappone la sua marginalità nel racconto; il racconto però lascia nel lettore la sensazione che tutto quanto si compie non sia casuale, ma voluto da Qualcuno che ha predisposto la vicenda di Gesù e vuole svelarne il senso.

Anche le altre due letture (Is 50,4-7 e Fil 2,6-11) ci parlano del significato della morte di Gesù, in chiave profetica la prima, Cristologica ed ecclesiale la seconda.

La lettura della Passione ci apre ad una Settimana che è santa, per tutto ciò che Gesù ha vissuto in essa, come espressione dell’infinito amore di Dio per l’umanità e per ciò che Egli ci invita a vivere nella fede e nelle azioni, come risposta – pur nella nostra debolezza – di amore vero e concreto. Meditando la passione del Signore Gesù, possiamo pensare come S. Paolo: “Così mi ha amato e ha dato se stesso per me!”. San Giovanni Paolo II nella lettera ” Novo Millennio ineunte” invitava a contemplare intensamente il volto di Cristo, il “volto dolente”. Possiamo così guardare con intensità l’agonia di Gesù nell’orto degli ulivi, quando oppresso dalla approssimarsi  della prova che lo attende, solo davanti a Dio, lo invoca con la sua abituale e tenera espressione di confidenza: “Abbà, Padre”. “Padre, se possibile, allontana da me questo calice della sofferenza. Però non la mia, ma la tua volontà sia fatta”. Viene poi catturato, giudicato ripetutamente, viene deriso e coronato di spine, viene condannato e caricato della croce. Soprattutto sulla croce sperimenta la tentazione più grande: “Dio mio, perché mi ha abbandonato?” e prega con le parole del salmo 22 . “E’ possibile immaginare uno strazio più grande, un’oscurità più densa? Questo angoscioso “perché” rivolto al Padre, pur conservando tutto il realismo di un indicibile dolore, si illumina con il senso dell’intera preghiera, in cui il salmista unisce insieme, in un intreccio toccante di sentimenti, la sofferenza e la confidenza”. Sulla croce Gesù vive la sua donazione piena al Padre per la salvezza di tutti gli uomini, ed esprime anche a voce alta alcuni di questi atti di amore: “Padre perdonali perché non sanno quello che fanno”. “Padre nelle tue mani affido il mio spirito”. Vorremmo avere un po’ la fede e l’amore di santa suor Faustina per poter comprendere e sperimentare qualcosa di questo amore infinito di Gesù, nostro Dio, sulla croce. Ecco allora il cammino cristiano e l’impegno in questa Settimana: vogliamo contemplare il volto dolente di Cristo, il suo amore infinito (“non c’è amore più grande di chi dà la vita per la persona amata”), il significato della redenzione e della salvezza per tutti gli uomini e per ciascuno così come l’ha meritata Gesù sulla croce. Vogliamo guardare la passione di Cristo che continua oggi in tutti coloro che, innocenti, soffrono e che muoiono: essi esprimono il mistero del peccato dell’umanità che genera tutto questo male. Essi sono coloro che completano nella loro carne ciò che manca ai patimenti di Cristo, per la salvezza della Chiesa e dell’umanità. Essi sono coloro che attendono la nostra carità per camminare verso la loro resurrezione, cioè la possibilità di vivere, la dignità, i mezzi per la sussistenza, la pace. Amen

padre Christian Vegna OFM
Faustinum Milazzo (Messina)