“Quello che desidero più ardentemente, è che le anime conoscano Te; che sappiano che Tu sei la loro eterna felicità; che credano alla Tua bontà e glorifichino la Tua Misericordia infinita”. (Diario, 305)
A partire da queste parole di santa Faustina, leggiamo in questa II domenica il secondo e ultimo brano di Marco previsto per il periodo di Quaresima: la trasfigurazione di Gesù. Si tratta di un episodio importante per capire la passione e la morte del Signore. Tutti i Sinottici riportano questo episodio. Gesù mentre sta compiendo il suo viaggio verso Gerusalemme, dove sarà arrestato, maltrattato e ucciso, offre ai suoi discepoli più intimi un piccolo assaggio della sua gloria, affinché possa essere loro di sostegno nel momento in cui lo vedranno gravemente umiliato sul patibolo della croce. La trasfigurazione è collocata in un punto nevralgico del vangelo di Marco (ma anche degli altri sinottici). Si trova dopo la confessione di Pietro, centro di tutto il vangelo di Marco, e dopo il primo annuncio della passione (e le condizioni richieste a coloro che vogliono seguire il Signore). Dopo la trasfigurazione (e l’episodio del fanciullo epilettico) troviamo ancora in modo speculare il secondo annuncio della passione e le indicazioni da seguire per chi vuole essere il più grande dei discepoli. Vi è dunque una pedagogia che Gesù pone in atto in questo brano centrale del Vangelo di Marco. Il vero Messia si presenta splendente di luce, ma lo si può conoscere solo attraverso la passione e la morte, lo si può seguire solo prendendo ognuno la propria croce e diventando il servo di tutti.
Come al solito Marco è sintetico e preciso, ci dice subito quando, con chi e dove si svolge il fatto che sta per raccontare. Sono passati sei giorni dal primo annuncio della passione. L’indicazione però sembra rimandare al settimo giorno , che per Marco non è proprio il giorno della risurrezione (egli parla infatti di primo giorno della settimana, Mc 16, 2.9) bensì il sabato, la vigilia. Anche nella trasfigurazione, sebbene sia un’anticipazione della gloria, c’è qualcosa di incompiuto, che troverà pienezza solo attraverso la croce e la risurrezione.
Il personaggio principale è Gesù, che nella trasfigurazione manifesterà la sua vera natura. Vi sono poi i tre discepoli, Pietro, Giacomo e Giovanni che spesso Gesù vuole con sé come testimoni in momenti particolarmente importanti (la risurrezione della figlia di Giairo, Mc 5, 40 e la preghiera nel Getsemani, Mc 14, 33). Il luogo in cui si trovano è “un alto monte”, che nella Sacra Scrittura oltre ad indicare un possibile sito geografico indica un luogo teologico dove Dio si rivela e parla al suo popolo.
Questa esperienza di luce fatta dai tre discepoli li tocca in modo tanto profondo da far chiedere di continuare a stare lì a contemplare il Cristo glorioso, il Cristo trasfigurato. Nel presentare i contenuti essenziali della mistero di luce della Trasfigurazione, nel Prefazio di questa domenica così leggiamo: “Egli, dopo aver dato ai discepoli l’annunzio della sua morte, sul santo monte manifestò la sua gloria e chiamando a testimoni la legge e i profeti indicò agli apostoli che solo attraverso la passione possiamo giungere al trionfo della risurrezione”. Forte appello ed invito a fare del tempo della Quaresima anche il tempo della prova, della purificazione interiore e della disponibilità alla volontà di Dio mediante l’abbraccio delle nostre croci quotidiane. La gioia della vittoria e della risurrezione, la gioia della vita e della rinascita si sperimenta dopo il tempo della sofferenza e dell’abbandono, della solitudine e del Calvario. Rabbì, è bello per noi stare qui – dice Pietro ancora preso da timore e stupore – facciamo tre capanne..”; ma non è ancora tempo di dimorare nella gloria; la visione infatti è breve ed è un dono che rischiara la fede, un’anticipazione della realtà futura; ma per il momento è necessario scendere a valle, e vivere la penombra della fede e la fatica che il suo chiaroscuro comporta. ” E improvvisamente guardandosi attorno non videro più nessuno, se non Gesù solo, con loro “; il Gesù di ogni giorno, con le sembianze di sempre. La liturgia eucaristica di questa domenica è un dono grande di contemplazione, che possiamo rileggere e meditare in un testo di san Giovanni Paolo II, testo che metto a conclusione di questa breve riflessione. Così leggiamo: “La scena evangelica della trasfigurazione di Cristo, nella quale i tre apostoli Pietro, Giacomo e Giovanni appaiono come rapiti dalla bellezza del Redentore, può essere assunta ad icona della contemplazione cristiana. Fissare gli occhi sul volto di Cristo, riconoscerne il mistero nel cammino ordinario e doloroso della sua umanità, fino a coglierne il fulgore divino definitivamente manifestato nel Risorto, glorificato alla destra del Padre, è il compito di ogni discepolo di Cristo; è quindi anche compito nostro. Contemplando questo volto ci apriamo ad accogliere il mistero della vita trinitaria, per sperimentare sempre nuovamente l’amore del Padre e godere della gioia dello Spirito Santo. Si realizza così anche per noi la parola di san Paolo: «Riflettendo come in uno specchio la gloria del Signore, veniamo trasformati in quella medesima immagine, di gloria in gloria, secondo l’azione dello Spirito del Signore» (2 Cor. 3, 18).” (Rosarium Virginis Mariae n.9)